LA PRIMA DONNA LAUREATA ERA VENEZIANA

Siamo nel 25 giugno 1678 e c’è una gran fermento davanti all’Università di Padova, le cronache dicono addirittura 30.000 persone, per assistere alla discussione della tesi della prima donna al mondo che si fregerà dei titoli di Magistra e Doctrix. La folla è così numerosa che si decide di spostare la cerimonia nella cappella della Beata Vergine in Cattedrale.

Elena Lucrezia Corner Piscopia era una patrizia, figlia di Giovanni Battista Corner, Procuratore della Repubblica di San Marco, Piscopia perché il suo ramo della famiglia Corder possedeva il feudo di Episkopi nell’isola di Cipro. L‘ambiente in cui cresce è sereno, culturalmente ricco e stimolante. La biblioteca del padre è ragguardevole per la quantità di tomi e delle materie trattate, in particolare la storia e la politica di cui Giovanni Battista è studiosissimo. A visitarla e a sostare per studiarci passano molte personalità dotte dell’epoca.

Elena è un piccolo genio ed il primo ad accorgersene è il confessore e amico di famiglia, don Giovanni Battista Fabris parroco di San Luca, che consiglia il padre di farle intraprendere gli studi classici, pratica inaudita per l’epoca che escludeva le donne dalla cultura.

Ma siamo nell’illuminata Repubblica Veneta e qui le cose possono cambiare.

Corner, prendendo una posizione decisamente anticonformista, offre ad Elena l’opportunità di studiare. Tramite lei ed il prestigio che acquisirà, intravede il modo di ridare alla sua casata, tra le più illustri e ricche di Venezia, lo smalto perduto a causa della sua situazione familiare di uomo felicemente non sposato con una popolana, Zanetta Boni madre dei suoi cinque figli, che sposerà dopo la nascita di Elena.

A sette anni, nel 1653, la ragazzina intraprende lo studio del latino con don Fabris che la seguirà per quindici anni. E’ una graziosa giovinetta molto aggraziata, di statura media e ben proporzionata, ha carnagione chiara, occhi scuri e penetranti, riccioli castani incorniciano la fronte spaziosa piena di nobiltà.

Corner non bada a spese e per  l’istruzione della figlia convoca le migliori menti del tempo.

A 22 anni inizia a studiare greco col miglior grecista di Venezia, Alvise Grandenigo, che è il Custode della Biblioteca di San Marco. Il suo precettore è il gesuita Carlo Maurizio Vota, parla perfettamente e con accento appropriato francese, tedesco, inglese e spagnolo, e Shemuel Aboaf, rabbino capo di Venezia, le insegnerà l‘ebraico e la condurrà all’esame dei testi sacri.

Come ogni brava giovane patrizia, Elena studia con profitto la musica. La sua insenante è l’organista Maddalena Capelli che diventerà la sua più cara amica e la seguirà anche a Padova per curarla e assisterla fino alla sua morte.

In Europa è già una celebrità, ammirata e ricercata, vengono a farle visita i più noti letterati da ogni dove per discettare con lei di scienza, filosofia e teologia.

Nel 1665 un intoppo nella sua vita di studio la mette in crisi: il padre le comunica che un principe tedesco l’ha chiesta in moglie. Elena rifiuta recisamente l’invito e trova un escamotage che le permetterà di seguire la sua passione per gli studi; dietro suggerimento del suo consigliere spirituale, abate del monastero benedettino di San Giorgio Maggiore, diventa oblata benedettina per poter conciliare la condizione di anima consacrata con la vita familiare e consacrare la sua esistenza alla cultura.

In seguito aggiungerà al suo, il nome di oblazione di Scolastica e porterà l‘abito nero delle monache benedettine sotto le sue vesti patrizie.

Da quel momento in poi Elena si massacrerà di studio, di preghiera, di meditazione, di mortificazione cingendosi fianchi e braccia di catenelle pungenti. Ma, come la sua condizione sociale imponeva, trovava anche il tempo di ricevere dame e cavalieri coi quali discuteva amabilmente, e di intrattenere rapporti epistolari coi dotti di mezza Europa.

Pubblica un lavoro letterario per la prima e unica volta a 23 anni, nel 1669, la traduzione in italiano della versione spagnola dell’operetta latina del certosino Giovanni Lanspergio Colloquio di Cristo all’anima devota. Ha un buon successo, tanto che ne stampano cinque edizioni. Nello stesso anno è associata all’Accademia padovana dei Ricoverati (oggi Galileiana), nel 1670 diventa presidentessa della veneziana Accademia dei Pacifici.

Nel 1677 sostiene una disputa filosofica col suo maestro di greco, un filosofo somasco ed uno agostiniano davanti al Senato della Repubblica al gran completo, nobili, dame e dotti venuti da tutte le parti d’Italia e dall’Estero a Venezia in occasione della Festa della Sensa.

Elena discute indifferentemente in latino e greco con prontezza e padronanza sbalorditive.

Subito dopo si sparge la voce che presto si sarebbe laureata a Padova.

Il suo insegnante di teologia, il padre francescano Felice Rotondi, ed il suo mentore, il cattedratico Carlo Rinaldini, la presentano ai tre Rettori della prestigiosa Università di Padova per l’ammissione alla laurea in teologia, che viene accolta senza difficoltà, ispirandosi al Motto dell’Università di Padova  Universa Universis Patavina Libertas. Viene prontamente redatto il verbale per assegnarle il titolo.

E’ tutto pronto per il rivoluzionario conferimento della qualifica di Dottore in Teologia ad una donna, ma da Roma arriva il veto. Gregorio Barbarigo, Cardinale e Vescovo di Padova ma residente in Vaticano, afferma che senza il suo consenso nessuno si può laureare in teologia, men che meno un donna! I teologi padovani interpellano anche colleghi stranieri che danno tutti parere positivo.

Corner inizia una fitta discussione epistolare con Barbarigo ma, oltre a guastare i rapporti tra i due, non ottiene alcun risultato. Sicuramente pesa il fatto che il cardinale è consigliere di Papa Innocenzo XI e che la Repubblica Veneta sia invisa al Vaticano.

Inizia un balletto di proposte, controproposte e riflessioni sul fatto che Elena sia una donna, che scontentano tutti.

La soluzione arriva da Giulio Giustinian, lui stesso procuratore di San Marco, che propone una laurea in filosofia, il Cardinale, messo alle strette,  capitola e concede l’autorizzazione.

Finalmente il Sacro Collegio dei Filosofi e dei Medici può ammette Elena alla dissertazione e per l’occasione vengono scelte due tesi aristoteliche. Il titolo le viene conferito per acclamazione ed il regolare atto della registrazione del Sacro Collegio di quel sabato 25 giugno 1678 è giunto fino a noi.

Per la nobildonna è un trionfo, per il padre il coronamento di un sogno.

Terminata la cerimonia Elena torna al suo palazzo in carrozza tra il giubilo della folla. Due settimane dopo avviene la celebrazione della sua iscrizione al Collegio dei Filosofi e Medici nella veste di Magistra e Doctrix ed entra a far parte, a sua volta, della commissione di laurea.

Non insegnerà mai poiché ai patrizi veneti non era consentito, in ragione della loro posizione sociale per la quale “non avevano bisogno di uno stipendio”.

La sua fama oltrepassa i confini, a Lipsia, Parigi, Lione, Amsterdam, Altemburg, Utrecht, si scrive e si parla di lei e della lungimiranza dell’Università di Padova che ha valorizzato l’intelligenza e la cultura di una donna. Persino un cardinale inviato dal Re di Francia sosta a Padova per conversare  in varie lingue e commentare con lei testi in ebraico e latino.

Anche dopo la laurea Elena continua a studiare, ma la sua salute, resa cagionevole dallo studio e dalla preghiera, continua a peggiorare. Per questo motivo il padre le concede di trasferirsi nel loro palazzo di Padova, dove morirà dopo lunghe sofferenze sei anni più tardi, il 26 luglio 1684 a 38 anni. Per onorare la sua figura, il Collegio dei Filosofi e Medici fa coniare una medaglia commemorativa oggi conservata al Museo Bottacin di Padova.

La sua vita sociale in terraferma comunque è ricca e la sua casa sempre piena di visitatori. Partecipa a molte accademie letterarie, séguita a scrivere e a studiare. Purtroppo nulla della sua produzione è arrivata sino a noi perchè ordina all’amica e Maestra di musica Maddalena, di distruggere tutte le sue opere dopo la morte, come puntualmente accade.

Tanto famosa e celebrata in vita, quando dimenticata solo cent’anni dopo!

Giovanni Battista Corner commissiona per la figlia un monumento funebre principesco che verrà collocato nella Basilica del Santo ma che avrà vita breve. Nel 1727 viene smantellato in seguito ad incomprensioni con i Frati.  Scompaiono pure le lapidi collocate nei Palazzi di Venezia e Padova. Solo grazie a Caterina Dolfin, che nel 1773 viene casualmente in possesso di una delle statue del cenotafio del Santo, ritroviamo oggi un segno di Elena sullo scalone del Bo all’Università di Padova.

Con la caduta della Repubblica nel 1797 inizia addirittura una fase denigratoria a causa del suo essere donna. Nell’Ottocento non compare nella lista dei veneziani illustri, la sua laurea viene considerata come mero riconoscimento al suo studio diligente. Benedetto Croce considera la sua produzione (quale? dal momento che era stata tutta distrutta) “di scarsissimo o nullo valore”.

Dobbiamo attendere lo scadere del secolo prima che qualcuno si ricordi della prima donna laureata al mondo e ringraziare lady Mathilde Pynsent, badessa benedettina a Roma, che nel 1896 ne pubblica anonimamente la biografia. Questo libro ispirerà l’autore di una vetrata neogotica del Vassar College nello Stato di New York che raffigura Elena al momento della discussione di laurea, ma in Italia niente.

E’ triste constatare che la sua figura di prima donna laureata al mondo, motivo di immenso orgoglio per tutte noi, non sia celebrata come gloria quantomeno nazionale ed esistano di lei solo pochissime tracce. Di Elena Magistra e Doctrix ci sono testimonianze solo nelle Università venete, in primis Ca’ Foscari a Venezia e il Bo a Padova,

Noi vorremmo invitare anche tutti gli altri atenei italiani a dedicarle un’aula.

Rossello Family Office di Cristina Rossello

 

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