Il bisogno infinito di poesia

Ulisse-e-Nausicaa

Entra l’estate ed i pensieri corrono alla poesia, che tiene compagnia. Pasolini sosteneva che la poesia crea un bisogno di infinito, assurge al contatto con l’Assoluto ed è cibo dell’anima.

La poesia infatti è creazione attraverso lo strumento della parola che è tesa teleologicamente alla persuasione, al convincimento dell’altro che, colpito dalla seduzione del verso, riflette.

Si può identificare ed ha assonanza con la musica, perché un endecasillabo è come un contrappunto: poetare, in fondo, è come suonare una particolare melodia che richiama ricordi e suscita la mitezza d’animo.

Scrivere e suonare è la medesima cosa, sosteneva Montale, perché con la poesia si tocca il cuore e la mente cerca l’altrove. Con la musica suadente l’orecchio ascolta, sorride il volto e gli occhi, al ricordo, possono pure piangere.

Pensiamo ad Omero che così descrive l’incontro tra Ulisse e Nausicaa: «Io mi t’inchino, signora: sei dea o sei mortale? Se dea tu sei, di quelli che il cielo vasto possiedono, Artemide, certo, la figlia del massimo Zeus, per bellezza e grandezza e figura mi sembri. Ma se tu sei mortale, di quelli che vivono in terra, tre volte beati il padre e la madre sovrana, tre volte beati i fratelli: perché sempre il cuore s’intenerisce loro di gioia, in grazia di te, quando contemplano un tal boccio muovere a danza. Ma soprattutto beatissimo in cuore, senza confronto, chi soverchiando coi doni, ti porterà a casa sua. Mai cosa simile ho veduto con gli occhi, né uomo, né donna: e riverenza a guardarti mi vince“.

Quando Leopardi intende raffigurare la bellezza di Silvia scrive: “Lingua mortal non dice quel ch’io sentiva in seno“.

Allo stesso modo Dante ritiene che l’amore può solo attecchire in cuori gentili.

“Amor ch’al cor gentil ratto si apprende”.

L’amore può solo prendere radici in un cuore già cortese, per sua stessa predisposizione.

Ogni amante dovrebbe dirlo alla sua Musa: andrebbero insieme a toccare la bellezza dell’infinito.

#biagioriccio

Image: Odorico Politi, Ulisse e Nausicaa, 1818 ca

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