DONNE E CULTURA: COLLAGE DI LUCIA MARCUCCI AL MUSEO DI ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI NIZZA

Per la sua prima mostra personale in Francia, “Lucia Marcucci. Les secrets du langage”, la galleria contemporanea del MAMAC  (Museum of Modern and Contemporary Art) di Nizza,  gioca sul confronto tra opere degli anni ’60 e ’70, riferimenti alle questioni socio-politiche dell’epoca, e le ultime opere dell’artista italiano degli anni 2000, critiche alla pubblicità e alla cultura dominante. L’abbondanza di parole, messaggi e immagini fluttuanti inviterà il visitatore a immergersi nell’universo poetico dell’artista. La mostra sarà aperta dal 2 giugno al 28 agosto 2022.

Lucia Marcucci è nata a Firenze nel 1933 ed è una delle principali protagoniste della poesia visiva in Italia e una delle maggiori figure del Gruppo 70, a cui è entrata ufficialmente a far parte nel 1965. Gli artisti di questo gruppo miravano a rivalutare il linguaggio in un periodo di frenetico sviluppo dei mass media. La parola diventa così oggetto, con una propria autonomia in mezzo a nuovi sistemi di comunicazione. La relazione tra “immagine” e “parola” diventa il loro terreno di sperimentazione linguistica preferito e il collage il loro mezzo espressivo. Il Gruppo 70 si scioglie alla fine del 1968 e Lucia Marcucci insieme ai poeti visivi Alain Arias-Misson, Jean-Francois Bory, Herman Damen, Paul De Vree, Eugenio Miccini, Luciano Ori, Michele Perfetti e Sarenco, fonda il Gruppo Internazionale di Poesia Visiva sostenuto dalle riviste «Lotta Poetica» e «De Tafelronde», l’una editata in Italia e l’altra in Belgio dalla Galleria Brescia.

Costruite da ritagli di riviste e pubblicità con messaggi spesso tratti dal vocabolario dei fumetti dei fumetti, le opere di Lucia Marcucci reinterpretano, con provocazione e ironia, questioni politiche e sociali del suo tempo, sottolineando la condizione delle donne nella società contemporanea e la mercificazione del loro foto.

Nei primi anni ’70 l’artista, come altri poeti visivi, sperimenta l’uso dell’emulsione su tela (tecnica di trasferimento fotografico), in molti casi appropriandosi di immagini della storia dell’arte. L’uso del bianco e nero e la risultante planarità della superficie le permettono di rendere incisiva la giustapposizione o talvolta la sottolineatura del testo e dell’immagine. Dal 1978 in poi, le opere mostrano le tracce della sua presenza fisica attraverso la scrittura a mano. Gli slogan e le immagini sono più autobiografici o antropomorfi. I lavori più recenti (2000 – 2010), propongono una ricerca ibrida che si avvicina alla poesia, alla musica, alla performance e alla comunicazione di massa e richiamano al di sopra della straordinaria potenza dell’immagine. Nella serie “Città Larga”, le opere sono realizzate manipolando un tipo di pubblicità stradale diffusa e onnipresente all’inizio del millennio: striscioni di stoffa appesi ai lampioni delle aree urbane. Queste pubblicità spesso veicolano immagini concepite secondo una logica popolare che non si allontana mai dai cliché più radicati. L’artista poi li usa per cambiarne il significato o per accentuare l’assurdità del rapporto tra immagine e testo.

Il lavoro di Lucia Marcucci è stato messo in evidenza al MAMAC nelle mostre collettive “She-Bam Pow Pop Wizz! Les Amazones du POP”, 2020-21 – a cura di Hélène Guenin e Géraldine Gourbe; e “Vita Nuova. Nouveaux enjeux de l’art en Italie 1960-1975”, estate 2022 – curatrice Valérie Da Costa.

Commento di Cristina Rossello: ” Con il Gruppo 70 nasce quel movimento caratterizzato da Arte tecnologica in un rapporto diretto fra estetica e società. Ed è in questo contesto che la comunicazione di massa prende avvio attraverso nuovi linguaggi, della pubblicità, dell’umoristico, della moda, dell’economia, del commercio, ecc. Si avvia così l’urgenza di nuovi e potenti mezzi di comunicazione diventando poesia visiva che tende a capovolgere improvvisamente i messaggi della comunicazione di massa (giornalismo, pubblicità, fumetti, ecc.) che puntano al rapido consumo delle informazioni. Un movimento precursore di quanto oggi la comunicazione non sia aprioristicamente l’élite dalla massa e sempre più capace di aumentare la passività di chi riceve l’informazione.”

 

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