FEDI DI SANITÀ: ANTICHI PASSAPORTI CHE CERTIFICAVANO LA SALUTE

Il Centro Studi e Ricerche R.F.O fondato da Cristina Rossello, ha avviato da tempo la digitalizzazione di una significativa collezione di documenti antichi denominati “Fedi di Sanità”.

Tale certificato era utilizzato come strumento di difesa delle epidemie nei tempi nei quali la vita, non solo economica, era strettamente dipendente dalle misure di precauzione e dagli strumenti di controllo, come la messa al bando ed i cordoni sanitari di terra e mare che dopo la peste, divennero sempre più frequenti.

Si ricorda che nel 1743 la Suprema Deputazione in Sicilia divenne una magistratura separata da Napoli con il potere di decretare la messa al bando e di vigilare sulla salute attraverso i Magistrati di sanità.

I cordoni di terra e di mare dovevano isolare e proteggere il territorio ancora indenne, da minacce esterne, qualsiasi arrivo di persone, animali o merci che costituivano un potenziale veicolo di infezione. Per coloro che si dovevano spostare per lavoro da un luogo ad un altro, non era più sufficiente un passaporto ma questo, doveva essere accompagnato anche da una “Fede di Sanità” che certificasse la provenienza della persona, degli animali e delle merci, da luoghi che non fossero infetti o sospetti di infezione.

Si trattava di un vero e proprio passaporto sanitario, dove era obbligatorio annotare le caratteristiche somatiche del soggetto e ogni dato utile per l’dentificazione del soggetto. Inoltre, doveva riportare tutte le cose e animali che egli portava con sé. La fede di sanità doveva poi essere controllata ogni qual volta la persona si fermava e di volta in volta, chi la esaminava, aveva il compito di sottoporre prima una disinfestazione e poi la vidimazione, indicando luogo, giorno e ora del controllo effettuato, in modo che risultasse possibile ricostruire il percorso compiuto.

All’ingresso delle città in tempi di epidema i controlli delle fedi venivano eseguiti dai Deputati proposti alla custodia delle porte. Inoltre, la fede doveva essere sempre esibita per poter ottenere alloggio per uno o più giorni, sia da albergatori che da chiunque offrisse ospitalità.

Mentre le “fedi di salute marittime” venivano rilasciate dalle autorità sanitarie del porto di partenza, su un modulo stampato dove poi veniva apposto un sigillo e annotati tutti i casi o sospetti di malattie contagiose, verificatisi nel territorio della giurisdizione di competenza.

Si può concludere che tale documento era una delle misure di prevenzione più antiche, la più diffusa ma anche meglio documentata.

  • Interessante la testimonianza di cura di Paola Avallone, Direttore ff Istituto di Studi sul Mediterraneo Cnr  – la quale sottolinea anche un confronto della situazione ai tempi  della peste e ciò che sta accadendo oggi con il coronavirus – e che riportiamo integralmente dal canale Youtube.

“I documenti storici di natura contabile possono raccontarci molto, soprattutto se provengono dagli antichi banchi pubblici napoletani operativi tra la fine del XVI e la fine del XVIII secolo. Sono state proprio le fedi di credito, i libri maggiori, i giornali copiapolizze, le pandette conservate nell’Archivio Storico del Banco di Napoli, uniche nel loro genere, a far luce sulla peste del 1656 che dimezzò in pochi mesi la popolazione della città di Napoli. Queste istituzioni non solo dimostrarono che all’epoca le attività economiche non si fermarono, ma che addirittura erogarono migliaia di ducati per aiutare l’amministrazione cittadina ad affrontare l’emergenza. Su questi documenti si possono seguire tutti i pagamenti effettuati per i bisogni cittadini: quanto costò l’epidemia al governo centrale, come furono spesi i soldi, come si andò incontro alla popolazione ormai allo stremo e, infine, le modalità con cui si arginò l’epidemia e la loro efficacia. Stare a casa nel rispetto delle direttive del Governo, oggi come allora, rappresenta un dovere verso la salute di tutti. I documenti storici di natura contabile possono raccontarci molto, soprattutto se provengono dagli antichi banchi pubblici napoletani operativi tra la fine del XVI e la fine del XVIII secolo. Sono state proprio le fedi di credito, i libri maggiori, i giornali copiapolizze, le pandette conservate nell’Archivio Storico del Banco di Napoli, uniche nel loro genere, a far luce sulla peste del 1656 che dimezzò in pochi mesi la popolazione della città di Napoli. Queste istituzioni non solo dimostrarono che all’epoca le attività economiche non si fermarono, ma che addirittura erogarono migliaia di ducati per aiutare l’amministrazione cittadina ad affrontare l’emergenza. Su questi documenti si possono seguire tutti i pagamenti effettuati per i bisogni cittadini: quanto costò l’epidemia al governo centrale, come furono spesi i soldi, come si andò incontro alla popolazione ormai allo stremo e, infine, le modalità con cui si arginò l’epidemia e la loro efficacia. Stare a casa nel rispetto delle direttive del Governo, oggi come allora, rappresenta un dovere verso la salute di tutti.” 

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